Pelli, pellicce, piume: limiti normativi per una Moda sostenibile

Fashion Law, Avv. Giuseppe Croari – Dott.ssa Alice Rinauro, Technofashion

Da sempre l’uomo ha utilizzato prodotti di origine animale per vestirsi e per proteggersi dal freddo, oppure come ornamento o simbolo di potere. Si pensi ad esempio al mito dell’eroe Ercole che, dopo aver ucciso a mani nude il leone, ne usò la pelliccia come simbolo della sua vittoria.
Negli ultimi decenni, però, grazie alla sensibilizzazione sul tema della tutela dei diritti degli animali, che ha trovato una conferma ufficiale nella Dichiarazione Universale dei Diritti degli animali sottoscritta nel 1978 a Parigi, anche l’industria della Moda ha iniziato ad evolversi per garantire il rispetto di tali diritti.

L’utilizzo di prodotti di origine animale, come pellicce, pelli e piume, nell’ambito della Fashion Industry viene considerato ancora oggi nell’immaginario comune come simbolo di alta qualità, dal momento che si tratta di materiali pregiati il cui impiego richiede, ancora il più delle volte, una lavorazione a mano da veri e propri artigiani.

Non sono pochi però i casi in cui alcuni esponenti dell’Industria della Moda si sono resi promotori di iniziative volte ad ottenere prodotti tessili di diversa natura che possano, da un lato, garantire lo stesso livello di pregio, dall’altro, garantire il rispetto dei diritti degli animali. L’obiettivo è diventato infatti eliminare dalla produzione tessile le tecniche di sfruttamento sugli animali e cercare di convogliare non solo l’interesse al commercio di prodotti tessili di alta qualità, ma anche l’interesse ad una moda più etica e rispettosa del pianeta. Così, parte dell’Industria tessile si è indirizzata verso la sperimentazione di prodotti ecologici e rispettosi della natura e degli animali.

D’altra parte, anche a livello europeo e internazionale si registra una progressiva spinta etica, attraverso l’introduzione di regole per l’impiego degli animali nell’Industria tessile e alimentare, nonché di limiti all’allevamento e alla produzione.

Il panorama normativo

La normativa rilevante in materia di industria tessile in riferimento alla tutela dei diritti degli animali è piuttosto complessa e riguarda in modo specifico l’utilizzo di pellicce, pellame, piume e ogni altro materiale di origine animale impiegato nell’Industria tessile.
In particolare, la normativa nazionale di riferimento in tale ambito è il D.lgs. n.146 del 26 marzo 2001, attuativo della direttiva 98/58/CE sulla protezione degli animali negli allevamenti.

Ad esempio, per quanto riguarda le pellicce, tale disciplina prevede che tutti gli animali destinati alla produzione di pellicce devono essere allevati a terra in recinti capaci di soddisfare il benessere degli animali e le gabbie non devono avere dimensioni inferiori a 35 x 70 cm e 45 cm di altezza.

In Europa, poi, con il Reg. CEE 3254/1991, non solo sono state vietate determinate tecniche di cattura degli animali da pelliccia, ma, di conseguenza, è stata bloccata anche l’importazione di pelli di animali catturati utilizzando tali tecniche, onde scoraggiarne l’impiego anche all’estero.

Pelli e capi d’Abbigliamento con materiali di origine animale: la scelta del consumatore

In tale ambito, un ruolo fondamentale è svolto anche dal consumatore nel momento della scelta di un prodotto creato con l’impiego di materiali in cui è garantito l’impiego di tecniche “cruelty free”, oppure realizzato con la sperimentazione di materiali innovativi di origine non animale.

Il presupposto resta sempre la garanzia che il consumatore sia messo in condizioni di prendere una decisione libera e consapevole. A tal proposito, il Reg. UE 1007/2011 ha stabilito che i prodotti ottenuti con materiali di origine animale devono indicare nell’etichetta la dicitura “contiene parti non tessili di origine animale”.

SOURCE: technofashion.it