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Vivobarefoot: la vegan leather è plastica. E se lo dicono loro…

A molti sfugge che “la vegan leather non è vegan” e che, in estrema sintesi, la cosiddetta “vegan leather è plastica”. Un materiale per la cui realizzazione “non si è arrecato danno agli animali”? Può darsi. Di certo, non un materiale di per sé più sostenibile o eco friendly. La definizione è “uno strumento di marketing molto intelligente”, ma non altrettanto esaustiva, puntualizza Vivobarefoot. Ed è interessante che a voler entrare nella questione siano proprio loro, cioè un marchio britannico di calzature. L’azienda è detenuta all’80% dalla famiglia Clarks senza essere per questo parte dell’omonimo gruppo calzaturiero. Nasce con una forte vocazione alla sostenibilità: ha una collezione vegana e, al contempo, usa la pelle. Rappresenta, in questo senso, un osservatore neutro, o laico, della questione.

Cos’è davvero il vegan leather

“La verità è che ogni prodotto sintetico è classificato come vegan friendly: spesso si crede che lo sia – scrive Vivobarefoot –. Ma vegan leather rimane il più delle volte un eufemismo per dire plastica”. L’azienda britannica ci tiene a far capire al proprio pubblico animalista, quello che non gradisce l’idea che una propria azione possa passare dallo sfruttamento di un animale, che la toppa può rivelarsi peggiore del buco: “Che piaccia o no, boicottare prodotti che derivano dalla macellazione può causare un massacro di animali”.

L’impatto del petrolio

“Non v’è dubbio che il più grande distruttore singolo di flora e fauna sul pianeta sia l’industria che estrae e raffina il petrolio”, ammonisce Vivobarefoot. Non finisce qui, perché lo stesso processo di produzione della plastica non è a impatto zero. Mentre il proliferare di alternative alla pelle generate da fibre vegetali rimane interessante, finché è “di nicchia”, ma solleva questioni legate alle conseguenze della “produzione agricola industriale” quando se ne deve immaginare un uso di massa.

Il marketing, i fatti

Vivobarefoot riconosce che l’etichetta vegan leather ha una certa forza commerciale. Ma, per chi vegano lo è sul serio, non può bastare. Perché oggi “Un maglione sintetico, con coloranti tossici, che rilascia micro-plastiche, prodotto in fabbriche malsane da personale sottopagato, può dirsi vegan – conclude l’azienda –. Uno in lana, tinteggiato naturalmente e a mano, prodotto con materiali su filiera corta, no”. Quale ha maggiore impatto sull’ambiente e, quindi, sugli animali, chiede Vivobarefoot? Non basta certo dirsi vegan per proporsi come chi ha risolto il problema.

SOURCE: laconceria.it