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L’internet of things trasforma l’industria manifatturiera

di Gianluca Dotti

Modena – Un’intera area produttiva basata sull’industrial internet of things (IIoT), secondo un modello 4.0 ulteriormente evoluto. Un’area realizzata a partire da macchine che fanno fresatura e additive manufacturing su pezzi destinati alle grandi case automobilistiche, dal settore automotive al motorsport, ma che adesso si propone di diventare un polo di sperimentazione per l’intero settore manifatturiero italiano. Siamo nell’area industriale a nord est di Modena, nell’Industrial IoT Innovation Center da poco inaugurato presso la sede di Hpe Coxa, dove dalla fine dell’autunno è operativa la linea produttiva dedicata alla metallurgia meccanica di frontiera, sviluppata insieme ad Accenture.

“La vera innovazione è che si tratta di un centro sperimentale dentro a una fabbrica vera”, ha raccontato a Wired Stefano Tascone, che in Accenture è Industry X.0 digital lead per l’Italia. “Infatti, il centro che abbiamo realizzato è un esempio di co-innovazione che non ha una natura prettamente sperimentale o dimostrativa, ma è direttamente applicato a una realtà industriale che sfrutta le potenzialità dell’industrial internet of things e delle tecnologie più avanzate per rimanere competitiva sul mercato”.

L’area industriale è stata progettata per sperimentare nuove soluzioni digitali, in un’ottica di innovazione continua, per riuscire a generare valore attraverso servizi intelligenti e connessi legati all’internet delle cose. Ai macchinari industriali a controllo numerico (Cnc) di ultima generazione si combinano gli strumenti hi-tech che poggiano sulla piattaforma Accenture basata sul cloud Microsoft Azure, raccogliendo in forma aggregata su un totem multimediale un flusso continuo di dati.

I big data aggregati possono essere consultati in forma rielaborata (non più in linguaggio macchina, ma già rappresentati sotto forma di grafici, statistiche e coefficienti di prestazione) e possono essere consultati anche fuori dalla rete aziendale attraverso un sistema sicuro di accessi. La visione dell’intero scenario produttivo, in particolare, permette quotidianamente di attuare soluzioni correttive che possano creare un percorso continuo e sistematico di ottimizzazione e miglioramento.

Per dare una quantificazione, in circa tre mesi di attività l’efficienza operativa dell’impianto è già stata migliorata del 5%, attraverso una serie di strategie di perfezionamento del processo che sarebbe stato impossibile individuare senza avere a disposizione informazioni dettagliate sullo storico delle attività.

Un impianto di questo genere risulta particolarmente utile quando si ha a che fare con produzione di prototipi o con numeri molto limitati di pezzi, che però devono essere progettati e realizzati in pochi giorni, proprio come accade nel settore dei veicoli da corsa. I macchinari industriali infatti possono continuare a lavorare anche durante le ore notturne, con gli operatori che possono verificare a distanza che cosa stia accadendo.

All’interno dello stabilimento l’ambiente di lavoro interattivo prevede che i lavoratori abbiano a disposizione una serie di dotazioni hi-tech che, oltre al classico tablet, includono smartwatch da indossare in prossimità dei macchinari, per monitorare quali attività siano più dispendiose per il personale, e occhiali intelligenti con funzionalità di realtà aumentata per ottenere assistenza da remoto e consultare informazioni sugli impianti. A ciò si aggiunge un sistema di telecamere che, con un sistema di image recognition anonimizzato, rileva situazioni critiche come assembramenti di persone in aree di manovra, materiali ingombranti abbandonati in punti non consentiti, intrusioni nelle aree ad accesso ristretto ed eventuale assenza del caschetto di sicurezza.

La struttura di Modena è parte di un piano più ampio di investimenti di Accenture, che globalmente vale 1,4 miliardi di dollari. “Il tema ora non è più la tecnologia in sé, ma la sua applicazione al contesto industriale per ricavarne un vantaggio competitivo”, ha spiegato a Wired Giorgio Torresani, X.0 Products Lead di Accenture. “Oggi si parte dal prodotto che si vuole ottenere, e si cerca di capire quali siano le tecnologie più adatte per raggiungere quel risultato. Oggi parliamo di impresa X.0, e non più di industria 4.0, perché da una parte usciamo dal mondo strettamente industriale per entrare in intere filiere produttive, e dall’altra siamo consapevoli che non è la singola tecnologia a determinare un passo in avanti, ma i miglioramenti derivano dalla combinazione di diverse soluzioni e dall’integrazione in un unico grande processo di tutte le fasi che normalmente erano distinte”.

Il concetto di X.0, nel suo significato di far convergere processi industriali coinvolgendo assieme calcolisti, progettisti, ingegneri di processo, macchine e aree di test, si concretizza anche nel creare spazi fisici condivisi. Nello stabilimento di Modena, ad esempio, è stata messa a punto una zona di raccordo che possa ospitare i diversi attori del processo di industrializzazione.

E quali saranno i prossimi passi? “L’obiettivo su cui si sta lavorando è riuscire a estendere l’approccio di Modena anche a macchine che non nascono per essere connesse, anche con 15 o 20 anni di vita”, continua Torresani. “Ciò richiede sensori sofisticati ma soprattutto un ripensamento della logica con cui si gestiscono le informazioni. Per questo diventa importante creare collaborazioni a vari livelli, connettendo e facendo collaborare filiere produttive che tradizionalmente si concentravano su competenze diverse”.

“Con l’Industrial IoT Innovation Network”, ha raccontato Fabio Benasso, presidente e amministratore delegato di Accenture Italia, “vogliamo portare le imprese nella prossima fase dell’era digitale, sperimentando soluzioni che possano incidere in maniera significativa sull’evoluzione dei modelli di business, dei prodotti e della customer experience. Secondo quanto calcolato da Accenture sulla base di uno studio che ha analizzato otto settori industriali, l’incremento del valore delle aziende a livello mondiale può superare i seimila miliardi di dollari. L’Italia in questo momento sembra muoversi nella direzione giusta, dato che i 4 miliardi di euro investiti nel nostro Paese nel 2017 nelle tecnologie dell’internet delle cose ci posizionano al secondo posto in Europa, preceduti solo dalla Germania.

SOURCE: wired.it